domenica 11 maggio 2014

Non è la mia festa

Oggi non è la mia festa,
ma ho ricevuto lo stesso un regalo:
un giorno di ritardo affinchè tornassero oggi,
copiose,
abbondanti,
dolorose,
a ricordarmi di essere una donna
senza maternità.

domenica 4 maggio 2014

Dove sei?

Oggi, come ogni fine settimana, sono stata da mia nonna.
In realtà non lo so da chi sono stata.
Lei non c'è più da un bel po'.
Ci sono i suo occhi spenti, le sue ossa fragili, il sondino per alimentarla.
Da qualche tempo ci ha lasciati. S'è ritirata nel profondo della sua sofferenza.
A volte cerca di strapparsi il tubicino che le entra dal naso. Vuole morire.
Sta morendo.
A volte spero che lo faccia in fretta. A volte mi viene in mente che siamo stati egoisti a curarla così bene, a tenerla in vita, nonostante la sua anima voglia andare via.
Il suo corpo sembra vuoto e martoriato.
Le piaghe da decupito, la ferita che le sta perforando le arterie giorno dopo giorno, il buco in gola da tracheostomia, le gambe paralizzate, il buco in pancia quando le hanno asportato lo stomaco.
Mia nonna non è più un essere umano. Se c'è dignità nella vita, dovrebbe esserci anche quando si sta morendo. Invece lei non c'è l'ha più. Non ha più dignità.
Quando la si guarda, si osserva tutto quello che esattamente non vorremmo mai che accadesse a noi.
L'indipendenza che si è dovuta piegare, la forza che ha dovuto cedere il passo alla stanchezza.
Lei non c'è più. Quando cerchiamo di farci riconoscere  le facciamo un torto.
Perchè lei per un millisecondo, chiamata, è costretta a tornare fra noi e forse in quegli istanti sente l'angoscia di chi non riesce a morire in pace.
Mia nonna ha vissuto una vita di malattia, ma la ricorderò per sempre come la donna più forte del mondo.
E nonostante tutto, ho paura che queste siano le sue ultime ore di vita.
Dove sei?
Mi fa paura, ma DEVI andare via.

sabato 3 maggio 2014

The Divergent


Sono in una fase di apatia mostruosa.
Di me leggerete spesso post contraddittori, perchè io sono quella cosa e poi la negazione della stessa cosa.
Ora mi trovo in questa fase e ancora non so che farmene. Per ingannare il tempo, lotto. Per la politica ovviamente. Vendo l'anima al diavolo, sapendo che potrei scoprire di aver creduto in qualcosa di malato.
Ho dei dubbi. Ad esempio ho paura di ritrovarmi in un movimento un po' razzista. Odio il razzismo. Ma è capitato anche a me di essere un po' razzista (con i tedeschi ad esempio un pregiudizio banale lo so!). Così mi informo, mi informo, mi informo e più mi informo più non riesco a capire con nettezza cosa significhi quel tema o quell'altro ancora.
Mi sono sempre sentita nel limbo. Nè di là, nè di qua. Sì a questo, ma anche un poco quello. Anche quando leggo i vostri blog, questo lo capisco ma quest'altro no. Guardate che è un'inquietudine terrificante vivere così.
Di recente ho visto un film, un po' scadente, la storia però era caruccia; si chiama The Divergent. 
C'è un mondo diviso in categorie: i candidi che ritengono che la colpa della guerra sia l'ipocrisia, sono sinceri e dicono sempre la verità; i pacifici reputano la malvagità causa della guerra, non sono affatto aggressivi, sono assistenziali e coltivano la terra; gli eruditi che vedono la guerra come la conseguenza dell'ignoranza, farebbero qualsiasi cosa per la conoscenza, sono insegnanti e mettono al primo posto la ricerca; gli abnegati sono convinti che l'egoismo sia la causa di tutte le guerre, sono caritatevoli e altruisti e per questo governano il paese, gli intrepidi che credono che la guerra sia causata dalla codardia, sono coraggiosi, forti e proteggono la popolazione.
In questo momento nella mia vita sto cercando di appartenere ad una categoria, come la protagonista del film che cerca di appartenere ad una di quelle, ma ad un certo punto scopre di essere una divergente, cioè di non appartenere a nessuna categoria, di esserle tutte. E questo non è un problema per me, a me piace il pluralismo. Solo che non mi sento mai parte di una comunità, non mi sento mai integralmente condivisa. E questa cosa un po'mi pesa. Quando avevo 18 anni, avevo un fidanzato e a lui confidavo questa sensazione di non appartenenza, solo che non la sapevo spiegare. Gli dicevo "voglio essere normale" e lui "ma guarda che è bello sentirsi diversi" . Io però volevo essere come le altre ragazze, mie compagne di classe e non perchè stimassi tutto quello che facevano o dicevano, ma solo per sentirmi  "dentro".
Dentro di me invece, c'era solo una grandissima solitudine, che ora sicuramente mi spinge a credere che sia la mia ricchezza, ma  fa star male... nonostante a quei 18 anni se ne siano aggiunti molti altri.