sabato 3 maggio 2014

The Divergent


Sono in una fase di apatia mostruosa.
Di me leggerete spesso post contraddittori, perchè io sono quella cosa e poi la negazione della stessa cosa.
Ora mi trovo in questa fase e ancora non so che farmene. Per ingannare il tempo, lotto. Per la politica ovviamente. Vendo l'anima al diavolo, sapendo che potrei scoprire di aver creduto in qualcosa di malato.
Ho dei dubbi. Ad esempio ho paura di ritrovarmi in un movimento un po' razzista. Odio il razzismo. Ma è capitato anche a me di essere un po' razzista (con i tedeschi ad esempio un pregiudizio banale lo so!). Così mi informo, mi informo, mi informo e più mi informo più non riesco a capire con nettezza cosa significhi quel tema o quell'altro ancora.
Mi sono sempre sentita nel limbo. Nè di là, nè di qua. Sì a questo, ma anche un poco quello. Anche quando leggo i vostri blog, questo lo capisco ma quest'altro no. Guardate che è un'inquietudine terrificante vivere così.
Di recente ho visto un film, un po' scadente, la storia però era caruccia; si chiama The Divergent. 
C'è un mondo diviso in categorie: i candidi che ritengono che la colpa della guerra sia l'ipocrisia, sono sinceri e dicono sempre la verità; i pacifici reputano la malvagità causa della guerra, non sono affatto aggressivi, sono assistenziali e coltivano la terra; gli eruditi che vedono la guerra come la conseguenza dell'ignoranza, farebbero qualsiasi cosa per la conoscenza, sono insegnanti e mettono al primo posto la ricerca; gli abnegati sono convinti che l'egoismo sia la causa di tutte le guerre, sono caritatevoli e altruisti e per questo governano il paese, gli intrepidi che credono che la guerra sia causata dalla codardia, sono coraggiosi, forti e proteggono la popolazione.
In questo momento nella mia vita sto cercando di appartenere ad una categoria, come la protagonista del film che cerca di appartenere ad una di quelle, ma ad un certo punto scopre di essere una divergente, cioè di non appartenere a nessuna categoria, di esserle tutte. E questo non è un problema per me, a me piace il pluralismo. Solo che non mi sento mai parte di una comunità, non mi sento mai integralmente condivisa. E questa cosa un po'mi pesa. Quando avevo 18 anni, avevo un fidanzato e a lui confidavo questa sensazione di non appartenenza, solo che non la sapevo spiegare. Gli dicevo "voglio essere normale" e lui "ma guarda che è bello sentirsi diversi" . Io però volevo essere come le altre ragazze, mie compagne di classe e non perchè stimassi tutto quello che facevano o dicevano, ma solo per sentirmi  "dentro".
Dentro di me invece, c'era solo una grandissima solitudine, che ora sicuramente mi spinge a credere che sia la mia ricchezza, ma  fa star male... nonostante a quei 18 anni se ne siano aggiunti molti altri.

1 commento:

  1. io ho letto ieri il libro. tutto d'un fiato. secondo me il libro merita, come quasi sempre, più del film.

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