venerdì 26 aprile 2013

Senza ragione

Decido di scrivere questo post sebbene il tema centrale di esso non è pertinente ai contenuti del mio blog che parla di infertilità e della ricerca a tutti costi di un bimbo che non vuole , fino ad oggi, arrivare ad allietare le nostre vite.

Non è pertinente:

Perchè il tema di quel che io tratterò in questo post è la psichiatria.
Perchè io credo che sia un mio dovere in quanto psicologa, informare.

Il motivo per cui decido di scrivere questo post è perchè oggi un ragazzo, mio vicino di casa,  sicuramente molto più giovane di me, è stato sottoposto ad un TSO.
Per chi non sappia cos'è il TSO è un acronimo che sta per Trattamento Sanitario Obbligatorio.

Ora, già il nome la dice lunga sulla sfilza di valori morali che esso va a ledere.
Questa attività coatta (forzata) spesso è coercitiva e va a negare i diritti umani.

Quel che ho sentito oggi da casa mia, erano urla di un ragazzo che era disperato e cercava amore e comprensione, che aveva bisogno di un dialogo e forse solo di amore.
Di tutta risposta ha ricevuto una camicia di forza e un'iniezione stordente. Poi gli hanno ammanettato gambe e piedi e i carabinieri insieme agli operatori sanitari se lo sono portati via.

Una scena pietosa, una scena che fa male, che fa sentire inermi. Una scena che fa venir voglia di urlare: SLEGATELO!

Io non desidero dar colpe alla madre o alla compagna...anche se ho un mio giudizio a riguardo.
Io desidero però con tutta la rabbia che ho dentro dare la colpa alla società, che maltratta, che umilia, che emargina la sofferenza!

Questo ragazzo è sempre stato un ragazzo comune, non ha mai dato segno di squilibrio, un ragazzo come tanti ed è sicuramente successo qualcosa in lui che l'ha fatto scoppiare.
Questo ragazzo è un padre, è un compagno di una ragazza acqua e sapone.
Entrambi con la faccia per bene, innocente e fresca.

Eppure alla prima sofferenza non gli hanno concesso pietà.

Arrestato per eccesso di emozioni.
E lui inebriato dal mix di farmaci che gli avevano inniettato, ammanettanto, legato alla barella, con gli occhi spalancati ha gridato a lei:

Amore non ti avvicinare a Giorgio ti morderà il grembo
Amore sali anche tu o perderai la tua occasione


e lei che piangeva e gridava

Amore non posso salire, ti raggiungo più tardi!










7 commenti:

  1. "Io desidero però con tutta la rabbia che ho dentro dare la colpa alla società, che maltratta, che umilia, che emargina la sofferenza!". hai detto tutto tu in questa frase, sono perfettamente d'accordo.

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  2. non ci si crede che nel 2013 stiamo ancora a questi livelli...io credo che invece di fare progressi la nostra società abbia fatto un giro di boa e sta tornando indietro!!!povero ragazzo....povera famiglia...

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  3. E' una cosa che mi ha umiliato ogni volta che in divisa ho dovuto obbligare la persona. Ricordo di uno in particolare. Un ragazzo 19enne che viveva con genitori anziani. Non sto a raccontare tutto ma ricordo che lui volle me in ambulanza dopo averlo convinto a sottoporsi al trattamento in via spontanea. Ero già mamma, avrei voluto abbracciarlo e invece la divisa mi imponeva un certo comportamento. Ma era tranquillo, dialogammo per tutto il tragitto in ospedale. A distanza di tempo lo rincontrai e il suo abbraccio mi fece venire giu' le lacrime. Avevo scordato questo episodio. Grazie Medness per averlo fatto rivivere con questo post

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  4. E' una storia terribile. Tempo fa ci fu un servizio di Chi l'ha visto, proprio su questo tipo di "trattamento". Ha ragione Frida: è la società ad essere malata!

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  5. Quel che mi chiedo è perché le debolezze della mente non possono essere trattate alla stregua di qualsiasi altra debolezza del corpo. Non mi legano mica se ho un inferto in corso, non mi giudicano, non mi costringono. L'approccio che ancora si ha nei confronti delle malattie mentali è peggio della malattia stessa. Che amarezza.

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  6. Una volta si poteva dar la colpa all'ignoranza.
    Oggi è inconcepibile che vi sia debolezza. Tutti perfetti, tutti felici.
    Mica tutti ce la fanno, ad essere sempre perfetti e nemmeno a far finta.
    Non c'è più spazio per la sofferenza e per il dolore, che non sempre sono un male, sono solo un segno che siamo vivi e che, oltre a respirare, viviamo.

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