venerdì 23 novembre 2012

io e lui

io e lui

Come molti giovani Italiani in questo periodo, io sono una disoccupata. Oltre alle contingenze storiche non mi sono sforzata più di tanto per trovare lavoro. Ogni tanto mando un curriculum, ma diciamo che prevalentemente quel che faccio, mi soddisfa già. Mi occupo della casa, cucino, mantengo i conti, vado a pagare le bollette, faccio la spesa, gestisco un'associazione culturale e di volontariato. Tutto questo mi soddisfa. Non ho grandi ispirazioni lavorative. L'archetipo che in questo periodo riesco ad incarnare meglio è quello di Estia: la Dea del focolare. Il mio compagno invece esce quasi ogni mattina e percorre in macchina un tragitto molto lungo affinché raggiunga la clinica dove lavora, quindi spesso esce di mattina presto e torna tardi la sera. Nei giorni in cui non è in clinica lavora allo studio e alla sua attività secondaria, ma non meno impegnativa, di direttore di una rivista e giornalista. 
Morale della favola, sono spesso sola e a casa.
Se da un lato questa condizione un po' mi sia costata a livello affettivo, dall'altro, di tutto questo tempo da sola, mi sento ripagata in positivo, perché sono riuscita a capire che io AMO STARE SOLA. Trovo questo stato di cose necessario e positivo per la crescita della mia anima. Il tempo che sto sola con me stessa mi da l'opportunità di coltivarmi, di riflettere, di conoscermi, di rispettarmi. Inoltre quando Michele torna, sento che quegli attimi sono densi, sono PIU' densi rispetto a quando stavamo più tempo insieme.
Tutto questo tempo sola, mi ha dato l'opportunità di aprire questo Blog e di raccontarvi-mi quel che io sento di essere, quel che io sento di volere, quel che io sento.
Inoltre oggi ne approfitto per raccontarvi un po' di come ci siamo conosciuti. 
Io e lui ci siamo conosciuti grazie ad internet, tramite un social-network . Parlando parlando, ho capito che Lui era una persona interessante, una persona originale. Le chiacchierate non finivano mai: io che in genere alle 22 sono già al terzo sonno, alle 3 del mattino mi ritrovavo ancora davanti allo schermo e alla tastiera per chiacchierare con lui. Mi sentivo molto vicina alle sue emozioni ed ai suoi pensieri. Il destino ha voluto che fossimo anche vicini fisicamente, perché lui abitava ad un tiro di schioppo dalla casa da studentessa che abitavo allora, ma non volevo incontrarlo, benché lui desiderasse farlo. Ero sicura che se l'avessi incontrato mi sarei innamorata, ma ero appena uscita da una storia di 5 anni tormentatissima e volevo a tutti i costi rimandare l'incontrollabile.
Un giorno esco di casa, in un orario che credevo sicuro, perché sapevo che era andato in una scuola media per portare a termine un progetto scolastico. 
Cammino cammino e il mio sguardo viene calamitato da un ragazzo, bruno, alto, atletico, e dico fra me e me "che bel ragazzo!". Lui si avvicinava sempre di più e più si avvicinava, più realizzavo che quel ragazzo bruno era proprio Lui. Mano mano che veniva avanti riconoscevo i suoi tratti dalla foto che qualche giorno prima mi aveva mandato e che avevo stampato nella memoria. 
Mi sento tremare le gambe, la terra sotto i miei piedi inizia a tremare. Quello che avevo evitato accadesse fino ad allora, ormai era accaduto, complice il destino.
Quando anche lui mi riconobbe, sfoderò un sorriso che mi fece sussultare, perché i suoi occhi si strinsero tanto da sembrare chiusi e gli angoli delle labbra si alzarono, andando a formare il sorriso più bello che io avessi mai visto fino ad allora. Di quello che mi disse in seguito, non capii una parola. Ricordo solo che ad un certo punto mi sollevò di peso prendendomi dalle spalle per spostarmi dalla strada: una macchina stava per mettermi sotto. Mi propose un caffè, ma io rifiutai imbarazzatissima (che figura da "babbiona" che devo aver fatto).
Lo salutai frettolosamente mentre ancora stava parlando. Gli diedi le spalle e andai via.
Entrai nel negozio dove ero diretta, ma non comprai nulla. Ormai ero in palla, avevo il cuore a mille, pensavo solo ai suoi occhi e al suo sorriso, a quanto fosse bello.
Uscii dal negozio e affrettai il passo, volevo tornare a casa per vedere se mi aveva lasciato qualche messaggio. Camminavo velocissima, fino a quando i passi sono diventati sempre più lunghi e veloci, stavo correndo. Il vento freddo in faccia e il calore sotto la pelle mi faceva sentire rinata: innamorata.
Spalancai la porta di casa, entrai nella stanza della mia coinquilina (con il fiatone e rossa paonazza) e dissi: "L'ho incontrato! MI SONO INNAMORATA!"
Poi entrai nella mia stanza, accesi il pc e vidi che non c'era connessione. Caspita, proprio ora non doveva funzionare? 
Chiusi il pc e mi diressi affranta a casa di una mia amica che mi aveva invitato a pranzo. Durante il tragitto pensavo e ripensavo all'accaduto. Tutto il ricordo, benché fosse avvenuto di recente, aveva un'aurea di sogno. Lo stato d'estasi venne presto a mancare quando iniziai a pensare che quell'incontro così fortuito e surreale poteva essere stato speciale per me, ma non per lui. Insomma, non è che mi ero comportata benissimo, anzi, dovevo aver fatto proprio la figura della scema rintontita!
Quando arrivai a casa della mia amica, ormai avevo il morale sotto terra, convinta che era tutta una mia illusione, che avevo sbagliato a comportarmi così, ad andare via, a rifiutare il caffè. Raccontai tutto a F. (la mia amica) e lei mi disse: "accendiamo il pc e vediamo se ti ha scritto".
Il cuore mi batteva a mille: accediamo al social network inserendo username e password e .... vedo che non c'è nessun messaggio! Che depressione!
Guardo delusa la mia amica, la quale però, fissa lo schermo e mi fa cenno che lui è connesso e che mi ha appena cercata in chat!
Sento un colpo al petto e vedo che lui ha scritto "Ciao".
Quello che ci siamo scritti successivamente non lo ricordo perfettamente. Credo mi sentissi come se avessi bevuto come una spugna. Quel che mi ricordo è che mi chiese di uscire la sera stessa, ed io accettai. Da quel giorno di 4 anni e due mesi fa, non ci siamo più separati. Benché il nostro primo bacio sia avvenuto esattamente un mese dopo, ci siamo visti tutti i santi i giorni, anche quando non potevamo. Quando non stavamo insieme, ci sentivamo a metà. Mi sentivo con lui, parte di un tutto. Sentivo di essere per lui una calamita. Non ci saziavamo mai. Nonostante queste positive sensazioni, avevo remore a far progredire questa storia, eravamo una strana cosa, ma non volevo definire bene cosa fossimo. Avevo tanta paura.
Poi un giorno, in occasione di una sua visita ad una scuola di specializzazione in psicoterapia, mi chiese di accompagnarlo. Il direttore ci scambiò per una coppia di fidanzati e noi non correggemmo l'errore. Passeggiammo per le vie della città e d'un tratto lui mi prese la mano, io la scansai perché dopo 5 anni passati con un'altro, sentivo quel gesto così intimo, come un tradimento. Ma non potevo fare a meno di desiderarlo. Desideravo tantissimo che lui mi prendesse la mano, desideravo tantissimo sentire il suo contatto, ma avevo paura. Una paura folle di soffrire ancora. Questa paura mi bloccava a tal punto che non credevo fosse possibile che a Lui piacessi io, che in fondo non ero mai stata una bellezza. Lui era al di sopra di ogni mia aspettativa.
Torniamo dal viaggio, ci separiamo per la cena e ci diamo appuntamento per la sera stessa, alle nove. Avremmo visto un film, un film che avevo scelto io e che desideravo lui vedesse "Il favoloso mondo di Amelie".
Mi sentivo strana, in fermento, come una pentola che bolle e sta per scoppiare. Sapevo che quella sera sarebbe stata decisiva.
Mentre guardavamo il film eravamo seduti vicino, molto vicino: spalla a spalla, coscia a coscia.
Inaspettatamente, e giuro, contro ogni mia volontà razionale, la mia testa si piegò di lato, a destra, appoggiandosi sulla sua spalla. Lui sorpreso preSe il gesto come occasione per fare di più e alzò il suo braccio sinistro per cingermi le spalle. La sua mano, per tutto il film ha accarezzato il mio braccio, la mia spalla. Nonostante i maglioni invernali, io sentivo forte il calore della sua mano al passaggio della sua carezza.  Ogni movimento su di me, bruciava. Quasi al termine del film sentii il suo sguardo su di me, mi girai e incontrai i suoi occhi che mi sorrisero, ma non troppo, era sereno ma serio. Lo guardai negli occhi per due-tre secondi, Interminabili.  Nello stesso esatto momento, all'unisono, avvicinammo i nostri visi e le nostre labbra si toccarono. 
Ci siamo baciati per tutto il resto del film, per tutta l'infinita sigla che segue dopo, con la colonna sonora di Yann Tiersen che è diventato per noi, il nostro compositore d'eccellenza, galeotto.

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